La Parrocchia di Nostra
Signora del Rosario a Torrita di Siena ha ospitato in questi primi giorni di
ottobre la reliquia di Sant’Agnese peregrina per le Vicarie della nostra
Diocesi. Don Roberto Malpelo, don Fabio
Terrosi ed i loro parrocchiani hanno riservato una calorosa accoglienza alla
Famiglia Domenicana di Montepulciano che si è impegnata ad animare alcuni
momenti di queste giornate ricche di intensi momenti di preghiera attorno ad
Agnese. Lodevole è stata l’iniziativa ripetuta per un’intera giornata della
recita del Santo Rosario, seguendo una precisa cadenza oraria, meditato e
guidato dai vari gruppi parrocchiali. La Parrocchia di Torrita sia nella
intitolazione a Maria Regina del Rosario che in molti riferimenti domenicani al
proprio interno mostra chiari punti di contatto con la spiritualità domenicana.
La preghiera del
Rosario è tanto cara ai Domenicani. Sant’Agnese, sin da bambina trascurando i
giochi, amava pregare così intensamente con il conta-preghiere, un alternarsi
di Ave e di Pater (una specie di Rosario primitivo), tanto da non accorgersi
ripetutamente del suono della campana che la invitata alle funzioni religiose. Questi salteri dei Pater o delle Ave erano nei monasteri sostitutivi del
salterio biblico per i monaci illetterati e non prevedevano la meditazione dei
misteri. L’Ave Maria era inoltre conosciuta e recitata solo nella sua prima
parte evangelica contenente il saluto dell’angelo e la benedizione di Elisabetta.
Si è sempre attribuita
la nascita del Rosario ad un’apparizione della Vergine a S. Domenico di Guzman,
padre fondatore dell’Ordine dei Domenicani o Predicatori, con la consegna di
questo strumento devozionale di preghiera. Furono invece
due certosini ad operare ulteriori e significative trasformazioni. Enrico di
Kalkar, nel sec. XIV, suddivise il salterio delle Ave, dividendolo in 15 decine ed inserendo tra una decina e l’altra
la recita del Pater. Domenico di Prussia invece, tra il 1410 e il 1439,
proporrà ai fedeli una forma di salterio mariano, nel quale il numero delle Ave
era ridotto a 50, ma a ciascuna di esse era aggiunto un riferimento verbale ed
esplicito ad un avvenimento evangelico, a modo di clausola o ritornello
mnemonico che chiudeva la stessa Ave Maria. Contemporaneo
di Domenico di Prussia, il domenicano Alamo de la Roche diffuse straordinariamente il salterio
mariano che si comincerà a chiamare “Rosario della beata vergine Maria”,
attraverso la predicazione e soprattutto attraverso le Confraternite mariane da
lui fondate. Alamo de la Roche parlerà di Rosario vecchio e Rosario nuovo,
volendo distinguere tra il semplice salterio delle Ave e il salterio
incorporato nella meditazione dei misteri, proposti ordinariamente in una
triplice partitura (incarnazione, passione e morte di Cristo, gloria di Cristo
e di Maria). Diffondendosi in mezzo al popolo, il Rosario si semplificò poi
ulteriormente, quando nel 1521 il domenicano Alberto da Castello ridusse questi
misteri scegliendone 15 principali da proporre alla meditazione dei devoti del
salterio mariano, concependo le relative clausole come semplici commenti al
mistero o richiami mnemonici lungo la recita delle Ave. Furono le forme esperite
da Alamo de La Roche e da Alberto da Castello che a poco a poco s’imposero
sulle altre forme di salterio mariano. Il primo documento ufficiale
della Chiesa cattolica, con il quale venivano stabilite le modalità per la
recita del Rosario, fu la bolla Consueverunt Romani Pontifices, emanata
dal papa
domenicano Pio V il 17 settembre 1569, il Pontefice che attribuì la vittoria dei cristiani a
Lepanto contro i turchi alla forza di questa preghiera contemplativa a
carattere litanico, tanto che decise di dedicare il giorno 7 ottobre a Nostra Signora della Vittoria,
successivamente trasformata da Gregorio
XIII in Nostra Signora del Rosario.
Siamo dunque abituati a
vedere nei quadri S. Domenico
raffigurato come colui che riceve dalle mani della Vergine il rosario. In un’opera del Caravaggio è possibile invece
scorgere un San Domenico intento a distribuire alle persone intorno a lui numerose
corone. La Vergine in questo quadro pare incitare Domenico in questa
distribuzione. Certamente il Rosario è uno strumento di preghiera mariana
potentissimo ma per noi Domenicani è anche un mezzo di predicazione perché con
esso si contempla tutta la vita di Gesù che è espressa nei suoi 20 misteri. Il
Rosario, preghiera dei semplici che richiama
per analogia i centocinquanta salmi del Salterio, è oggi come allora
validissimo strumento per combattere le eresie, per rafforzarci spiritualmente …
per ottenere grazie. Facendo scorrere tra le dita i grani della corona del rosario
possiamo beneficare dell’aiuto materno di Maria che benevolmente ci guida nel
nostro peregrinare terreno.