- Che hai fatto il giro delle sette chiese?
– si dice a chi si è avvicendato in lungo e in largo per vari luoghi. In realtà questa
frase non è soltanto un modo di dire ma un’antica pia pratica religiosa del
Venerdì Santo, oggi quasi caduta in disuso, di visitare i Sepolcri allestiti
nelle chiese al termine della Cena Domini del Giovedì Santo. Una specie di
percorso penitenziale in vista della Pasqua.
La tradizione di visitare i Sepolcri in sette diverse basiliche nacque a Roma ed era volta
ad ottenere l’indulgenza plenaria, la remissione delle pene per i peccati
commessi. Di lì a poco tempo questa
pratica si estese anche fuori l’Urbe.
I Sepolcri, allestiti
per lo più in una cappella, sono tutti ornati di fiori e piante. In molti sono ancora presenti dei bei vasi di veccia, semi fatti germogliare al
buio affinché le piantine prendano la colorazione bianca per ricordare i lunghi
capelli di Maria Addolorata sotto la croce.
Ad ogni visita fermandosi, si recita in
ginocchio davanti all’Altare della Reposizione, 5 Pater, Ave e Gloria. Altri
fedeli invece restano a pregare più a lungo impegnandosi a turno nelle 40 Ore,
a Montepulciano un tempo calendarizzate nella Chiesa del Gesù, a non lasciare
solo il Signore. Candele e lumini sono accese anche solo da chi fa una breve
visita.
Se prima soprattutto in
Provincia si dovevano fare molti km a piedi per visitare le sette chiese e buona
parte del percorso si faceva senza
scarpe per non rovinare l’unico paio che avevamo, oggi con l’avvento dei mezzi
di trasporto il problema non è tanto lo spostarsi ma trovare una chiesa aperta
dove sia allestito il Sepolcro ed avere una pia motivazione alla visitazione.
Nei miei ricordi di
bambina sono presenti ancora molti volti che tutti gli anni come me si
avvicendavano in questa pratica e devo riconoscere che dove lo faceva il padre
i figli hanno mantenuto questa tradizione.
In me restano ancora impresse le
immagini delle chiese spoglie, degli altari senza tovaglie, dei drappi viola a
coprire, in segno di lutto, gli arredi sacri e le reliquie.
Il silenzio delle
chiese di quei tre giorni di triduo pasquale è un altro dei ricordi più nitidi.
Mi veniva detto, tutti gli anni in quei giorni, che le campane restavano legate,
non suonavano in segno di rispetto a Gesù deposto nella tomba ed io che già
conoscevo queste informazioni le ascoltavo nuovamente e mi piaceva risentirle
perché rientravano nelle cose da fare e da dire nel tempo pasquale.
Recarmi con
la nonna Lina al Consorzio Agrario, in Piazza Savonarola, per comprare l’uovo
di cioccolato e vedere le vetrine dei negozi ornate a festa soprattutto la
macelleria della Cesira e del Marelli con le bestie vaccine, talvolta ornate di
fiori, appese a grossi ganci, è un’altra
delle cose che oggi non vedo più.