A Pasqua é antica
tradizione trovare sulle nostre tavole il ciambellino un dolce povero della
tradizione toscana. A casa mia si è sempre chiamata ciambella. A forma di
anello, di pasta friabile a base di uova e farina richiama nell’aspetto la
corona di spine di Gesù e nell’ingrediente dell’uovo il significato pasquale
della resurrezione. Pare abbia avuto i suoi natali in Val di Chiana nel lontano
XIII sec. nel convento delle Vallesi a Rigomagno dove poi nel 1968 nascerà la
sagra anche se Foiano della Chiana vanta di possedere la ricetta originale. In
Val di Chiana le massaie ne preparavano in grandi quantità e facevano per così
dire a gara con altre donne a chi li faceva meglio. I miei ricordi di bambina
lo collocano sulla tavola durante la colazione pasquale nella prima mattina, a
casa dei miei nonni materni, dopo la prima S. Messa del giorno. Durante questa ricca colazione, purtroppo in
alcune famiglie caduta in disuso, il mio palato si deliziava con la ciaccia di
Pasqua, l’uovo sodo, al quale mi veniva
detto di dargli un bacino prima di addentarlo perché benedetto, il capocollo,
la finocchiona… La colazione pasquale la
preferivo di gran lunga al pranzo per le pietanze che erano sul tavolo. Del
resto il pranzo pasquale mi trovava già con la pancia piena e non me lo godevo
come avrei voluto. Amo accompagnare il ciambellino con scaglie di uova di
cioccolato e un goccio di Vin Santo, il tutto si accosta bene. Non ho mai
mangiato invece il cimbellino bollito
nato a Sinalunga verso il 1800 e ottenuto con due forme di cottura,
prima la bollitura e poi la messa in forno. Dicono che sia diverso sia
nell’aspetto, paiono due ciambelle sovrapposte, che nel sapore e nell’aroma
dove anice e liquore hanno molta rilevanza. Buona Pasqua!!! (immagine Paola Caroti)
Mi piacerebbe avere la ricetta del ciambellino prima bollito e poi al forno. Lo mangiavo a MONTEPULCIANO MOLTI ANNI FA, LO FACEVANO I FORNAI NEL PERIODO PASQUALE. BUONISSIMO.
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