Un cacciatore di altri tempi è il citto di Barabino che
imbracciò il fucile a 16 anni sotto lo sguardo attento del su’ babbo. La
passione venatoria gli era nata da piccino quando ascoltava incantato i
trascorsi di caccia narrati dai cacciatori con un entusiasmo sempre acceso. Quelle storie le aveva impresse in memoria e
si deliziava nell’immaginazione di poterlo fare un giorno anche lui. Conosceva
a memoria molti nomi di selvaggina, riconosceva nel bosco le tracce degli animali
e distingueva il canto degli uccelli. La
pazienza è una delle virtù del cacciatore e il figlio di Barabino, al secolo Umberto
Lorenzini, attese l’età che gli consentiva di imbracciare il fucile. Colombacci,
beccacce e starne… con il cane rigorosamente meticcio sempre a fianco. Ricorda
Fido, cane fenomeno, puntava la preda quasi fosse un radar. Le battute di
caccia con gli amici in Valdorcia con la Balilla piena di lepri, di starne e
selvaggina minuta e la caccia al Lago di Montepulciano. Che soddisfazione,
racconta sorridendo, inciampare nella terra arata, scivolare nella mota con gli
stivali e tornare a casa con il bordo dei calzoni pieno di fango! Sorridere alla moglie nel sentirla sbraitare
se i cani, sporchi e mal odoranti, entravano in casa lasciando le loro impronte
dopo che era stato pulito il pavimento! Ma la passione per la caccia è
superiore al tornare a casa e non aver preso niente, all’alzarsi presto la
mattina, al freddo che ti entra nelle ossa … quando l’hai ti scorre nelle vene
e non ti lascia più. Ora che ha più di novant’anni Umberto ha appeso il fucile al chiodo ma il suo
spirito è sempre con i suoi compagni cacciatori nel ricordo di quando ti
passavano sopra il capanno i colombacci.
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