Mi sono chiesta perché
la Contrada del Poggiolo resti simpatica a tutti e mi sono saputa dare subito
una risposta: sin dalle prime origini del Bravio delle Botti ha impersonificato
lo stimato ed amato don Marcello Del Balio. E quello che è bello che a distanza
di quaranta anni dalla prima corsa delle botti la Contrada del Poggiolo è
ancora don Marcello Del Balio. Nell’ascoltare il filmato diretto e montato dai
giovanissimi della Contrada bianco-blu non è mancato mai, nelle frasi dei
vecchi contradaioli intervistati, un
ricordo a lui. Si è verificata una sorta di “corsa” a voler raccontare davanti
al microfono ciò che di lui è rimasto nel cuore e nella mente e non è andato
distrutto con il passare degli anni. Ascoltando questi ricordi, personali e
comuni, si sono mosse dentro di noi forti emozioni ed anche io non ne sono
rimasta immune, versando qualche lacrimuccia. In particolar modo mi ha colpito ciò che ha raccontato sua zia Manfreda che dai
suoi novantaquattro anni portati benissimo ha affermato con gioiosa semplicità:
- Lui aveva me!
Quanta verità in questa
frase! Dietro ad un grande uomo dalle innumerevoli qualità c’è sempre una
“vera” famiglia! Quando infatti gli veniva chiesto qualcosa diceva sempre: -
Sentite la mi’ zia!
La casa della su’ zia
era una sorta di sede della Contrada dove si cucinava, si vegliava, si “scacchionavano”
i polli, perché come ricorda la zia Manfreda, a quei tempi c’era anche da spennarli.
-Sai zia, stanotte ho
dormito poco! – le diceva quando la mattina lei saliva nel suo appartamento.
- E perché? – gli
chiedeva, pur sapendo che non era una novità.
-Ho tenuto i ragazzi
fino alle ore 2.00 (sappiamo tutti che faceva lezione ai giovani gratuitamente
in varie materie), poi, so’ andato a letto, mi so’ addormentato… ma subito dopo
mi so’ svegliato perché m’è venuta l’idea di cuci’ du’ vestiti pel Bravio – e
mentre diceva questo, ricorda la zia, stava attento a dove metteva i piedi
perché il pavimento di casa sua era cosparso di modelli di carta ricavati da
vecchi fogli di giornale.
Ma don Marcello non
aveva solo la zia Manfreda o la sorella Loretta perché lui riusciva a percepire
famiglia anche tutti i suoi parrocchiani di S. Lucia. Il venerdì santo li
invitava a cena e a questo momento conviviale non andava solo il popolo
della Contrada del Poggiolo, ma anche quello di altre Contrade che rientravano
nel territorio parrocchiale. E con questa cena consumata in un momento forte
dell’anno, durante le celebrazioni del triduo pasquale, don Marcello riusciva
nel suo intento di unire il religioso, il sociale, il ricreativo… Aggregava le su’ “percorelle”
intorno a due mense: quella eucaristica e quella conviviale standogli fortemente a cuore
anche il loro beneficio spirituale.
Dunque questo era anche
don Marcello. Le varie Associazioni poliziane con la pregevole comune
iniziativa di intitolargli i giardini della Fortezza sapranno raccontare meglio di me chi era don Marcello anche se tutti
noi lo sappiamo già perché a Montepulciano è diventato un vero e proprio
“mito”.
Io invece,
concedetemelo, lo voglio anche ricordare come mio insegnante di religione alle
elementari. Veniva il mercoledì ed io aspettavo con trepidazione quel giorno
della settimana come penso molti dei miei compagni. Mi incantava il modo come
raccontava le storie a noi bambini, mi piaceva molto il fatto che ci faceva
vedere i filmini e come ci trattava sorridendoci sempre. Lui sapeva stare con
noi e di questo ho cercato di farne tesoro …
La Contrada del Poggiolo
lo ha voluto ricordare inserendolo
pienamente nella ricorrenza dei quaranta anni del Bravio con l’evento “Contrada del Poggiolo: viaggio
alle nostre origini” consapevole che lui è sempre nel cuore di tutti anche in
quello di chi non ha avuto il piacere di conoscerlo ma lo vive nei ricordi
degli altri.
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