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domenica 5 marzo 2017

NOVELLA: GIUCCA VA IN CERCA DI FORTUNA



C’era una volta Giucca un bambino nato sciorno. Viveva con la sua mamma ed erano più poveri di Pipetta. E siccome senza lilleri ‘un si lallera un giorno la sua mamma gli disse:
-Giucca, prendi la porta e andiamo a fa’ fortuna!
Il bambino che capiva sempre tutto all’incontrario scardinò la porta e la seguì.
Per la strada la donna si accorse che non lo aveva dietro e desolata esclamò:
-Accident’a’sciorni… quanto sei scimunito figlio mio!
Camminarono tutto il giorno e all’imbrunire stanchi ed affaticati decisero di salire su di un albero e passare la notte lì. Giucca si portò dietro la porta, deciso a non lasciarla a terra.
Al sicuro tra le fronde si appisolarono fino a che non sopraggiunsero sotto la pianta due loschi uomini che si sedettero e si misero a contare tanti quattrini. La donna sospettò che potevano essere dei ladri.
-Zitto, zitto il mi’ cittino se ci scoprono ci pienano di botte – sussurrò   a Giucca.
Il bambino annuì, per fortuna aveva capito!
Non passarono però nemmeno dieci minuti che Giucca disse alla mamma:
-Mammaaaa, mi scappa la pipì!
- Figlio mio proprio ora?!? –bisbigliò la donna- Non la fa’, ti prego, non la fa’!!!
- Mi scappa tanto e la fo!!! – rispose Giucca  e la fece lunga, lunga.
L’omaccio, da sotto, sentono cascare delle gocce, pulendosi con un fazzoletto lercio esclamò: - Che casca la rugiada? – e si rimise a contare i soldi di buzzo bono.
Dopo poco Giucca disse ancora alla donna:
-Mammaaaa, mi scappa la cacca!
- Figlio mio anche la popò ora?!? –bisbigliò la donna- Non la fa’, ti prego, non la fa’!!!
- Mi scappa tanto e la fo!!! – rispose Giucca  e la fece sciolta, sciolta.
L’altro omaccio, da sotto, sentono cascare quella roba, esclamò: - Che casca la melata? – e scostatosi  si rimise a contare i soldi senza più fiatare.
Sul far del mattino Giucca disse alla sua mamma:
-Mammaaaa, mi scappa la porta!
-Quello no! – rispose la donna- Trattienila ora è la volta bona che si accorgono di noi e  ci ammazzano!
- Mi scappa, ‘un ce la fo più a tenerla sopra il capo e la butto giù!!! – rispose Giucca  e la gettò.
La porta cadde precisa sopra la testa di entrambi i ladri che tramortiti ed accoppati urlarono:
-CI SO’ GLI SPETTRI!!! CI SO’ GLI SPETTRI!!! – e trampelloni se la dettero a gambe verso il fitticchiume lasciando il sacco dei quattrini sotto la pianta.
Quel tesoro fu una manna dal Cielo per Giucca e la sua mamma perché appena scesi dall’albero lo presero contenti come pasque. Madre e figlio non andarono più in giro per il mondo in cerca di fortuna ma tornarono a casa con l’uscio sulla testa naturalmente.

IL MANGIA



Anche Montepulciano ebbe nel 1524 il suo Mangia sulla torre dell’orologio davanti alla chiesa di S. Agostino, in seguito sostituito da Pulcinella perché si era danneggiato più volte. Per farsi un’idea di come fosse il Mangia poliziano dobbiamo metterci davanti al grande quadro seicentesco, raffigurante il panorama della cittadina, custodito nel Palazzo Cervini: un personaggio seduto, vestito tutto di nero, con un elmo in testa e  nella mano del braccio piegato  una mazza per battere la campana.    Il Mangia di Siena apparve invece due secoli prima. Si legge a riguardo in un antico documento che il 12 ottobre 1325 i “Sanesi comincioro una torre sul canto della via che si chiama Malcucinato… e fecesi in Siena gran festa e vennero i canonici e il chiericato del duomo…e l’operaio del duomo misse in fondo di detta tore alquante monete per memoria di detta tore…e fuvi messo nel fondo una pietra con lettare greche, ebraiche e latine, perché non fusse percossa da tuono né da tempesta”. Dalla posa della prima pietra al concludersi dell’opera passarono degli anni, fu terminata tra il 1348 e il 1349. La torre comunale, alta come il campanile del duomo per sottolineare che  potere temporale e spirituale si eguagliavano, è la terza in Italia in quanto ad altezza. Il caso ha voluto che nel 1347  vi fu posta sulla sommità una pesante campana perché scandisse il battere delle ore. Il primo campanaro che assolse l’importante funzione, come si legge nei Libri di Biccherna, fu un mésso dei Signori Nove, Giovanni di Duccio detto popolarmente Mangiaguadagni, o semplicemente Mangia, per il suo vizio di sperperare velocemente tutto ciò che guadagnava. Di questo uomo è stata localizzata la sepoltura, come ha riportato il programma televisivo Voyager, nella cripta della torre che porta il suo nome. Sappiamo inoltre che il lavoro di campanaro gli durò poco in quanto nel 1360 sulla torre vi fu istallato il primo orologio meccanico associato ad un automa, inizialmente in legno, che reggendo un martello si muoveva e percuoteva la campana. I senesi mantennero il nomignolo di Mangia anche all'automa meccanico che aveva rimpiazzato il campanaro, in considerazione anche delle ingenti somme che venivano versate per i numerosi interventi di manutenzione e restauro dell'orologio e dei suoi complicati meccanismi. Guarda caso proprio quando veniva posta la campana sulla Torre del Mangia che scandiva il tempo a Siena nasceva, proprio in quella  città, nel marzo del 1347,  S. Caterina Benincasa. La Senese fece del suo breve vivere, appena trentatré anni, un tempo inteso, fruttuoso e ricco di eventi e buoni consigli per l’Italia e per l’Europa di allora. La stessa Caterina scrive nelle sue Lettere: ... le anime nostre devono essere mangiatrici e gustatrici di anime … come lo fu Agnesa di Montepulciano nella sua profonda umiltà. (la cartolina è del 1914)