Lettori fissi

mercoledì 4 aprile 2018

IL GIRO DELLE SETTE CHIESE



 - Che hai fatto il giro delle sette chiese? – si dice a chi si è avvicendato in lungo e in largo per vari luoghi. In realtà questa frase non è soltanto un modo di dire ma un’antica pia pratica religiosa del Venerdì Santo, oggi quasi caduta in disuso, di visitare i Sepolcri allestiti nelle chiese al termine della Cena Domini del Giovedì Santo. Una specie di percorso penitenziale in vista della Pasqua.   
La  tradizione di visitare i Sepolcri  in sette  diverse basiliche nacque a Roma ed era volta ad ottenere l’indulgenza plenaria, la remissione delle pene per i peccati commessi.  Di lì a poco tempo questa pratica si estese anche fuori l’Urbe.  
I Sepolcri, allestiti per lo più in una cappella, sono tutti ornati di fiori e piante. In molti sono ancora presenti dei bei vasi di veccia, semi fatti germogliare al buio affinché le piantine prendano la colorazione bianca per ricordare i lunghi capelli di Maria Addolorata sotto la croce. 
Ad ogni visita fermandosi, si recita in ginocchio davanti all’Altare della Reposizione, 5 Pater, Ave e Gloria. Altri fedeli invece restano a pregare più a lungo impegnandosi a turno nelle 40 Ore, a Montepulciano un tempo calendarizzate nella Chiesa del Gesù, a non lasciare solo il Signore. Candele e lumini sono accese anche solo da chi fa una breve visita.
Se prima soprattutto in Provincia si dovevano fare molti km a piedi per visitare le sette chiese e buona parte del percorso si faceva  senza scarpe per non rovinare l’unico paio che avevamo, oggi con l’avvento dei mezzi di trasporto il problema non è tanto lo spostarsi ma trovare una chiesa aperta dove sia allestito il Sepolcro ed avere una pia  motivazione alla visitazione.
Nei miei ricordi di bambina sono presenti ancora molti volti che tutti gli anni come me si avvicendavano in questa pratica e devo riconoscere che dove lo faceva il padre i figli hanno mantenuto questa tradizione. 
In me restano ancora impresse le immagini delle chiese spoglie, degli altari senza tovaglie, dei drappi viola a coprire, in segno di lutto, gli arredi sacri e le reliquie.
Il silenzio delle chiese di quei tre giorni di triduo pasquale è un altro dei ricordi più nitidi. Mi veniva detto, tutti gli anni in quei giorni, che le campane restavano legate, non suonavano in segno di rispetto a Gesù deposto nella tomba ed io che già conoscevo queste informazioni le ascoltavo nuovamente e mi piaceva risentirle perché rientravano nelle cose da fare e da dire nel tempo pasquale. 
Recarmi con la nonna Lina al Consorzio Agrario, in Piazza Savonarola, per comprare l’uovo di cioccolato e vedere le vetrine dei negozi ornate a festa soprattutto la macelleria della Cesira e del Marelli con le bestie vaccine, talvolta ornate di fiori, appese a grossi  ganci, è un’altra delle cose che oggi non vedo più.