Lettori fissi

domenica 8 ottobre 2017

LA RELIQUIA DI SANT'AGNESE OSPITE A TORRITA DI SIENA



La Parrocchia di Nostra Signora del Rosario a Torrita di Siena ha ospitato in questi primi giorni di ottobre la reliquia di Sant’Agnese peregrina per le Vicarie della nostra Diocesi. Don Roberto Malpelo,  don Fabio Terrosi ed i loro parrocchiani hanno riservato una calorosa accoglienza alla Famiglia Domenicana di Montepulciano che si è impegnata ad animare alcuni momenti di queste giornate ricche di intensi momenti di preghiera attorno ad Agnese. Lodevole è stata l’iniziativa ripetuta per un’intera giornata della recita del Santo Rosario, seguendo una precisa cadenza oraria, meditato e guidato dai vari gruppi parrocchiali. La Parrocchia di Torrita sia nella intitolazione a Maria Regina del Rosario che in molti riferimenti domenicani al proprio interno mostra chiari punti di contatto con la spiritualità domenicana.
La preghiera del Rosario è tanto cara ai Domenicani. Sant’Agnese, sin da bambina trascurando i giochi, amava pregare così intensamente con il conta-preghiere, un alternarsi di Ave e di Pater (una specie di Rosario primitivo), tanto da non accorgersi ripetutamente del suono della campana che la invitata alle funzioni religiose. Questi salteri dei Pater o delle Ave erano nei monasteri sostitutivi del salterio biblico per i monaci illetterati e non prevedevano la meditazione dei misteri. L’Ave Maria era inoltre conosciuta e recitata solo nella sua prima parte evangelica contenente il saluto dell’angelo e la benedizione di Elisabetta.
Si è sempre attribuita la nascita del Rosario ad un’apparizione della Vergine a S. Domenico di Guzman, padre fondatore dell’Ordine dei Domenicani o Predicatori, con la consegna di questo strumento devozionale di preghiera. Furono invece due certosini ad operare ulteriori e significative trasformazioni. Enrico di Kalkar, nel sec. XIV, suddivise il salterio delle Ave, dividendolo in 15  decine ed inserendo tra una decina e l’altra la recita del Pater. Domenico di Prussia invece, tra il 1410 e il 1439, proporrà ai fedeli una forma di salterio mariano, nel quale il numero delle Ave era ridotto a 50, ma a ciascuna di esse era aggiunto un riferimento verbale ed esplicito ad un avvenimento evangelico, a modo di clausola o ritornello mnemonico che chiudeva la stessa Ave Maria. Contemporaneo di Domenico di Prussia, il domenicano Alamo de la Roche  diffuse straordinariamente il salterio mariano che si comincerà a chiamare “Rosario della beata vergine Maria”, attraverso la predicazione e soprattutto attraverso le Confraternite mariane da lui fondate. Alamo de la Roche parlerà di Rosario vecchio e Rosario nuovo, volendo distinguere tra il semplice salterio delle Ave e il salterio incorporato nella meditazione dei misteri, proposti ordinariamente in una triplice partitura (incarnazione, passione e morte di Cristo, gloria di Cristo e di Maria). Diffondendosi in mezzo al popolo, il Rosario si semplificò poi ulteriormente, quando nel 1521 il domenicano Alberto da Castello ridusse questi misteri scegliendone 15 principali da proporre alla meditazione dei devoti del salterio mariano, concependo le relative clausole come semplici commenti al mistero o richiami mnemonici lungo la recita delle Ave. Furono le forme esperite da Alamo de La Roche e da Alberto da Castello che a poco a poco s’imposero sulle altre forme di salterio mariano. Il primo documento ufficiale della Chiesa cattolica, con il quale venivano stabilite le modalità per la recita del Rosario, fu la bolla Consueverunt Romani Pontifices, emanata dal  papa  domenicano Pio V il 17 settembre 1569, il Pontefice  che attribuì la vittoria dei cristiani a Lepanto contro i turchi alla forza di questa preghiera contemplativa a carattere litanico, tanto che decise di dedicare il giorno 7 ottobre a  Nostra Signora della Vittoria, successivamente trasformata da  Gregorio XIII in Nostra Signora del Rosario. 
Siamo dunque abituati a vedere nei quadri S. Domenico  raffigurato come colui che riceve dalle mani della Vergine il rosario.  In un’opera del Caravaggio è possibile invece scorgere un San Domenico intento a distribuire alle persone intorno a lui numerose corone. La Vergine in questo quadro pare incitare Domenico in questa distribuzione. Certamente il Rosario è uno strumento di preghiera mariana potentissimo ma per noi Domenicani è anche un mezzo di predicazione perché con esso si contempla tutta la vita di Gesù che è espressa nei suoi 20 misteri. Il Rosario, preghiera dei semplici che richiama  per analogia i centocinquanta salmi del Salterio, è oggi come allora validissimo strumento per combattere le eresie, per rafforzarci spiritualmente … per ottenere grazie. Facendo scorrere tra le dita i grani della corona del rosario possiamo beneficare dell’aiuto materno di Maria che benevolmente ci guida nel nostro peregrinare terreno.

lunedì 28 agosto 2017

LA SEDIA IMPAGLIATA



Il babbo Franco è solito raccontare che durante la seconda guerra mondiale, sotto un’incursione degli aerei alleati, nella zona di Montepulciano caddero alcune bombe su palazzo Ricci e precisamente sulla casa accanto abitata dal fattore, dove oggi vive Mario Crociani. Da per tutto a terra vi erano pezzi di tegole rotte, mentre dalla parte di Collazzi furono scoperchiate due camere e demolito il tetto della casa Capitoni parte dell’immobile che non fu più riedificata e tale superficie venne poi adibita a terrazza. Passati alcuni giorni dal bombardamento il piccolo Franco si recò, come sua abitudine, in questa abitazione dalla generosa signora Nena che gli regalava sempre della frutta. La donna gli fece notare che in cucina, infilata in una sedia impagliata, c’era una grossa granata che, dopo aver sfondato il tetto, si era fermata in quella posizione. – È un vero miracolo che non ha colpito nessuno! – ripeteva la donna alzando le braccia al Cielo. La granata, ormai inoffensiva, rimase lì diversi giorni e i bambini di Collazzi, presi da questa novità, andavano e riandavano in quella casa per vedere l’ordigno. Solo più tardi fu trasferita sotto il muraglione del convento di San Girolamo e in quei fondi venne lasciata in compagnia di altri proiettili  inesplosi.

S.AGNESE TORNA NEL TERRITORIO DI VOLTAIA



Il Bravio 2017 se lo é aggiudicato Voltaia con la coppia  vincente Attilio Niola e Matteo Paganelli. Il panno dedicato a Sant’Agnese Poliziana  nel settecentenario della sua salita al Cielo pare sia voluto rientrare in sede. La piccola Agnese, enormemente predisposta alla preghiera, al sacrificio e al silenzio, ad appena nove anni, entrò  nel Monastero di San Luca a Montepulciano. La chiesa di San Luca, oggi adibita a garage, è a fianco alla cripta del Gesù e sotto l’abitazione del parroco nel cuore del territorio rosso-nero.  Ai tempi di Sant’Agnese vi vivevano le Saccate chiamate così per la rozzezza del panno che indossavano.  La piccina aveva espresso ai genitori  il desiderio di entrare in questa Congregazione ma loro inizialmente non le avevano accordato la richiesta. Un episodio insolito fece capovolgere la decisione. Un giorno Agnese insieme ad una comitiva si spostò da Gracciano a Montepulciano, forse per una festa religiosa, quando all’altezza dell’attuale Santuario a lei dedicato fu aggredita da corvi gracchianti. I corvi, simboleggiando gli spiriti maligni, si lanciarono solo su di lei. Agnese vide in questo evento un segno divino e disse prontamente ai genitori: - Dio permette a questi corvi di aggredirmi perché voi non mi lasciate indossare l’abito religioso per dedicarmi al Signore. In seguito a questo episodio i genitori permisero l’entrata di Agnese nel monastero di San Luca. Era il 1277. Tra le suore e sotto la giurisdizione del Vescovo diocesano, che a quei tempi era quello di Arezzo, Agnese eccelleva in virtù ed umiltà destando grande stupore in chi viveva con lei e in coloro che facevano visita al monastero.  Tra quelle mura Agnese godette di visioni soavi, in preghiera si innalzò più volte da terra levitando e godette della benevolenza divina cadendole addosso la manna. 
Concedetemi solo una piccola nota di rimpianto se fosse stato scelto il bozzetto di Marco Bardelli invece che quello di Luca  Pollai  un contradaiolo rosso-nero avrebbe avuto la soddisfazione di vedere la sua opera tra i Bravii vinti dalla sua Contrada del cuore.Abbiamo già visto le opere di Marco: drappi, insegne, livree storiche realizzate in amicizia per Casati nobiliari di Montepulciano, alcune Contrade e per la Comunità Civile. Ci sarebbe piaciuto vedere anche un Bravio!


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venerdì 30 giugno 2017

IN MEMORIA DI CARLA BARCUCCI



Carla, tu sei un’anima bella!!!
Nel salutarti ti vogliamo ricordare come donna di profonda preghiera e carità: una bellissima persona!
Eri nata nel 1925 ed entrata tra i Laici Domenicani di Montepulciano nel 1945 con il nome di Paolina.
Fondasti nel 1971 la Caritas Diocesana e ne fosti  operosa volontaria.
Catechista a S. Agnese   per moltissimi anni ripetevi questo servizio tutte le settimane anche al Gesù, tua parrocchia.
Stimata maestra dell’allora Circolo Didattico di Montepulciano sei ancora ricordata con molto affetto dai tuoi alunni come testimoniano i numerosi post su facebook dopo la tua dipartita.
Laica domenicana e Priora per molti mandati insieme a te formavamo una Famiglia: quella Domenicana. Dalle tue mani molti di noi hanno espresso la loro promessa.
Era piacevole stare con te, autoironica e sempre di buon umore.
Amavi Montepulciano e ne custodivi molti ricordi che ci raccontavi d’estate quando facevamo la mostra dei ricami. Con l’ago e con il filo riconoscevi di non avere un buon rapporto, ma ti rendevi sempre disponibile con la tua presenza a ricoprire i turni alla mostra.
Non sei stata mamma, ma sei stata tenerissima con tutti noi, con i tuoi numerosi nipoti, i cui nomi li avevi sempre sulla labbra, e con i piccoli dell’Antoniano alla cui struttura eri particolarmente legata.
Devotissima di S. Agnese siamo certi che lei stessa ti ha accompagnata al cospetto di Dio.
Siamo sicuri, nel darti questo nostro “arrivederci”, che veglierai   sul nostro gruppo e sulle  prossime definizioni del Capitolo Provinciale dei Domenicani.   Ti vogliamo bene.

martedì 27 giugno 2017

C'era una volta il baco da seta



La Fortezza di Montepulciano, oggi “tirata a lucido”, è sede di Enti prestigiosi ed ospita numerosi eventi internazionali ma un tempo ha raccolto tra le sue mura operose lavoranti in bachicoltura. Nel 1881 il Comune di Montepulciano mise all'asta l'intero edificio. Se lo aggiudicò un benestante di Reggio Calabria, Francesco Melissari che incaricò un architetto di eseguire un adeguato restauro all’intero complesso adattandolo allo stile medievale presente in zona di altre costruzioni. Vi impiantò  poi la sua attività di bachicoltura che occupava durante i lavori della "sfarfallatura" circa 660 operaie, provenienti anche dai paesi vicini. Nel 1890 la proprietà dell'azienda venne rilevata da un parente del Melissari, Francesco Miceli Dusmet, che nei fatti era un suo prestanome e l'azienda proseguì l'attività per altri quindici anni. Un tempo erano molte le famiglie che per incrementare l’economia domestica allevavano i bachi da seta. Arrotondare il magro bilancio era un’esigenza e questo particolare allevamento durava complessivamente due o tre mesi  senza richiedere laboriose operazioni. L'allevamento dei bachi era affidato soprattutto alle donne e ai bambini. In molti luoghi prendeva l’avvio con la festa di San Marco evangelista, il 25 aprile. In quella data veniva svolta una processione rogazionale di origini antichissime. Era una richiesta a Dio di benedizione per l’impresa che stava per essere iniziata.  Lo stesso San Gregorio Magno Papa nel VI sec. annoverava questa processione tra le rogazioni maggiori e la definiva tradizionale.  Le massaie di casa partecipavano a questa processione rogazionale  portando tra le mani una piccola scatolina che conteneva il seme dei bachi da seta, le uova. Seme che poi, una volta tornate a casa, veniva prima  messo al caldo e poi depositato nel “letto” di rami di  gelso predisposti su di un graticcio. Le  uova si schiudono tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, quando le foglie sugli alberi si sono completamente formate e il baco si sviluppa attraverso quattro mute,cambi di pelle, fino alla costruzione del bozzolo. Durante questo periodo i letti venivano periodicamente ripuliti per evitare malattie al baco e alla terza età larvale la foglia veniva somministrata più volte al giorno, intera, mentre alla quarta età con tutto il ramo. La produzione di bozzoli arrivò in Europa con l’Impero Bizantino e in Italia fu al suo massimo sviluppo nel XII sec. Cominciò invece a declinare nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale fino a scomparire dopo l'ultima: l’industrializzazione e la produzione di fibre sintetiche rendeva la concorrenza insostenibile. Altro fattore di declino fu l’inurbamento e  il conseguente cambiamento dell'organizzazione agricola. Oggi la bachicoltura in Italia è praticamente scomparsa, poche sono le aziende  che allevano bachi per una limitata produzione artigianale di nicchia o soltanto per scopi didattici.